Lectio magistralis dedicata al Sommo Dante

Ai Giardini di Babuk, in pieno centro storico, in una sala si riuniscono gli amanti di Dante Alighieri, in questa occasione una lectio dedicata all’undicesimo canto, il VI cerchio dell’Inferno dove risiedono gli eretici e gli epicurei, la cui pena è essere sepolti nelle arche infuocate.


Gli appassionati si raccolgono ed ascoltano quasi in deferenza il racconto, il commento, affidato a Pietro Puca declamando a braccio mentre Laura Corsalini legge alcuni brani, il che mi ha lasciato impressionato, denota uno studio, un apprendimento degno di un cultore della materia, che potrebbe declamare le gesta del Sommo ad una platea ben più ampia. Mi hanno colpito la padronanza, la conoscenza, la spiegazione a braccio, lo studio che c’e alle spalle, la passione che trasuda e si respira, nonostante il caldo pomeriggio la platea per circa due ore ha ascoltato in doveroso silenzio, l’Inferno di Dante, non è certamente una lettura facile, ma loro l’hanno resa estrememente godibile.
Questo canto è il più breve di tutta la Divina Commedia ed è un canto dottrinale dove si spiega la gerarchia dei peccati e la loro dislocazione nell’Inferno, ma, nonostante l’argomento privo di azione, anche qui la costruzione poetica di Dante si manifesta in tutta la sua ricchezza.
Al principio del nuovo canto i due poeti arrivano a affacciarsi al baratro infernale e l’odore pesante e nauseabondo è così forte che si ritraggono subito inorriditi, un odore che può essere inteso come quello del cerchio successivo, dove il fiume Flegetonte ribolle di sangue, oppure, in senso più generale, il puzzo del basso inferno, dove sono puniti i peggiori peccati.
Al VI cerchio dell’Inferno risiedono gli eretici e gli epicurei, la cui pena è essere sepolti nelle arche infuocate, divisi in gruppi di appartenenza.
In una pausa del cammino perché non passi inutilmente , Virgilio spiega a Dante come è strutturata la zona più profonda, il VII cerchio destinato ai violenti, a loro volta in tre gironi, violenti contro il prossimo , nella persona, contro se stessi, o con suicidio o sperperando le ricchezze, i violenti contro Dio, con la bestemmia, o col rifiuto delle divinità.
L’ottavo cerchio contro i fraudolenti, suddiviso in 10 bolge, perché sono dieci i modi con cui si può fregare il prossimo, infine il nono cerchio, il più vicino a Lucifero è dei dannati peggiori, i fraudolenti contro chi si fida, fuori della città i dannati sono colpevoli di incontinenza, la meno grave delle colpe.
In definitiva Dante ha ancora un dubbio e chiede , perché l’usura è un’offesa a Dio? Virgilio spiega , che la risposta è contenuta nella filosofia di Aristotele e nella sacra scrittura, è contro natura chi produce ricchezza non con il proprio lavoro ma speculando col denaro, che è un bene infruttifero.
I due poeti si accostano allora a un sepolcro, dove Dante vede la lapide che recita: “custodisco Papa Anastasio, traviato da Fotimo di Sirmio “. Tutto qui, la presenza del papa eretico è affidata a una semplice inquadratura.
Nella sua condanna Dante segue il “Liber Pontificalis “, il quale riporta una scarna biografia del pontefice sottolineando il suo aver voluto accordarsi con gli eretici monofisiti (in particolare con il diacono Fotino) senza il consiglio dei vescovi e degli altri religiosi della curia, restando isolato. Dio lo avrebbe allora “percosso”, facendogli evacuare gli intestini.
La figura di questo papa in seguito pare sia stata rivalutata e il passo del Liber Pontificalis dichiarato spurio: è interessante qui rilevare solo che nel Medioevo l’attendibilità del liber era considerevole e non veniva messa in discussione.
Per ciascuno dei tre peccati esiste un sottogirone, nel quale sono puniti con diverso grado o diversa pena le varie categorie, i sodomiti ovvero gli abitanti di Sodoma, mentre gli usurai di Cahors (“Caorsa”), all’epoca sinonimo di città degli strozzini.

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