L’EDITOREEL: L’autonomia è differenziata se non getta altri nell’indifferenziata

Come tutte le questioni, anche l’autonomia differenziata richiesta da alcune regioni è diventata un campo di battaglia invece che un importante momento di riorganizzazione funzionale del Paese.

Sono già cinque le regioni italiane a statuto speciale approvato dal Parlamento con legge costituzionale: ovvero Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (in realtà costituita dalle province autonome di Trento e Bolzano, come da art. 116 della Costituzione Italiana).

L’esigenza di concedere particolari forme di autonomia ad alcuni territori si venne a creare subito dopo la fine della seconda guerra mondiale ed è tornata in auge dal 2017 per volontà di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna alle quali si sono poi aggiunte altre regioni. 

Ma la proposta appena approvata al Senato affonda le sue radici nel 2001 con una riforma costituzionale, fortemente voluta dal Governo Prodi, diventata poi bandiera del Secessionismo Leghista che è poi stata riesumata dalle regioni del Nord sostenute dal Governo Conte.

Quindi, quelle dell’opposizione sono solo schermaglie e ci si nasconde dietro il solito discorso di altre priorità e necessità del Paese, semplicemente perché non si può andare apertamente contro qualcosa che non si può smentire. 

Insomma, come tutte le questioni, anche questa è diventata un campo di battaglia invece che un importante momento di riorganizzazione funzionale del paese. 

Secondo il mio modesto parere, la cosa davvero necessaria è trovare la soluzione giusta per far sì che la differenziata non faccia finire i territori più fragili nell’indifferenziata!

 

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