L’EDITOREEL: Italiani maestri di inglese farlocco

E se vi dicessi che in Italia si parla un inglese farlocco? Così lo ha definito il Financial Times! Perché, diciamo la verità, usare l’inglese fa fico!

E se vi dicessi che in Italia si parla un inglese farlocco?

Così lo ha definito il Financial Times!  Pare, infatti, che negli Stati Uniti o nel Regno Unito nessuno capisca cos’è un “self-bar” o un “lifting”, o cosa fa una persona in “smart working” perché si tratta di termini composti dall’unione di parole inglesi esistenti, oppure di parole usate comunemente in inglese ma che in italiano hanno assunto significati completamente diversi e che vengono definiti pseudoanglicismi.

Come ad esempio l’Ageismo di cui vi ho parlato in un precedente editoreel riguardo la discriminazione per età.  Anche beauty case, bloc notes, baby gang e telefilm sono chiamati diversamente nei paesi anglofoni.

Gli italiani sono così abituati a “inglesizzare” le parole che il termine francese stage, che significa tirocinio, viene spesso pronunciato all’inglese, “steig”, che però significa palco.

Di fronte all’uso, considerato da alcuni spropositato, dell’inglese nella lingua italiana, Fratelli d’Italia aveva proposto a marzo scorso di vietare l’inglese in qualsiasi comunicazione pubblica, con multe fino a 100mila euro.

Salvo poi, come fa notare anche il Financial Times, istituire un ministero per il “Made in Italy”.

Chissà come può essere inglesizzato allora il termine “coerenza”?!?!


L’editoreel è la rubrica di Katiuscia Laneri, fondatrice e direttrice della testata giornalistica, pensata per i socialmedia con l’obiettivo di riportare brevi considerazioni e pensieri personali in una nuova e più moderna modalità di comunicazione.

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