Radicali nell’inferno delle carceri partenopee
Si è svolta la seconda delle tre visite che Radicali Italiani ha organizzato nelle carceri campane. Dopo la tappa di Secondigliano, l’ispezione ha avuto luogo a Poggioreale. Poi riflettori accesi su Santa Maria Capua Vetere.
Presenti una delegazione radicale con in testa il membro di direzione nazionale di Radicali Italiani, Raffaele Minieri, con in più Pietro Ioia per gli ex detenuti, Antonello Sannino di Arcigay Napoli e la scrittrice “pastafariana” Emanuela Marmo. La visita si è aperta con la notizia della nomina in pectore – avvenuta ieri – dei nuovi direttori di Poggioreale e Secondigliano. Maria Luisa Palma – già direttrice a Benevento – per Poggioreale e Giulia Rossi nominata a Secondigliano. In entrambi i casi si tratta di nomine ufficiose che attendono ratifica prima e insediamento poi, per tempi al momento inpronosticabili.
Intanto anche grazie alla collaborazione del facente funzioni di direttore, dottor Ciro Proto, ecco i principali numeri emersi dall’ispezione: a Poggioreale sono presenti 2210 detenuti, con un aumento rispetto all’ultima visita effettuata dai Radicali il 21 agosto scorso, quando i ristretti erano 2123. La capienza regolamentare è di 1637 persone. Questo incremento è stato giustificato con la ripresa delle udienze e il trasferimento a Poggioreale di chi deve sostenerle. Gli stranieri sono circa 200, il 10% della popolazione detenuta in questo carcere. Anche a Poggioreale, come a Secondigliano, sono in arrivo posti in più con l’apertura di 70 posti nel padiglione Genova, terminato ma che attende l’ultimo collaudo previsto per domani. La pianta organica degli agenti vede un gap: a fronte di 860 richiesti, ne sono operativi circa 750 con i disagi conseguenti su vita e turni della Polizia Penitenziaria.
Per quanto concerne i colloqui, i detenuti si avvalgono di quattro ore mensili (un’ora a settimana) più due ore extra di quelli che un tempo si definivano “premiali”, per un totale di sei incontri al mese da un’ora ciascuno. Allestita un’area verde e presto sarà approntata una ludoteca per i bimbi in visita ai padri detenuti. In carcere lavorano al momento 346 detenuti per le mansioni quotidiane ma sono attive alcune attività sia formative che educative: quasi tutti i padiglioni consentono la frequenza e il conseguimento della scuola dell’obbligo ma sono in programma 825 ore equivalenti ai primi due anni di scuola superiore e una classe di terza e quarta in sinergia con l’istituto tecnico Enrico Fermi. Sono inoltre organizzati corsi di italiano per i detenuti stranieri. Con riferimento alla formazione lavorativa, grazie al progetto Garanzia Giovani (18-29 anni) stanno per partire corsi regionali (validi dunque all’esterno) di massaggiatore estetico e acconciatore ma per ora potranno accedervi solo 30 detenuti, 15 a corso. Previsti, per il prossimo anno, anche corsi di inglese e di informatica. Sono inoltre presenti nella struttura 16 educatori, ovvero uno ogni 150 detenuti, un dato migliorabile.
Poggioreale dispone inoltre di una biblioteca centrale e di altre nei vari padiglioni, con tantissimi libri frutto di donazioni. I ristretti trascorrono otto ore al giorno all’esterno delle celle, con l’eccezione del Padiglione Napoli dove le ore sono ancora quattro, benché presto anche lì sarà esteso tale beneficio. Don Franco Esposito, Cappellano del carcere, ha spiegato che la stragrande maggioranza dei ristretti è cattolica ma non manca l’apertura verso l’Islam e altre fedi. Il tutto in assenza di luoghi di culto alternativi alla chiesa. Oltre a cattolici e musulmani sono presenti evangelici, buddisti, testimoni di Geova e valdesi. Questi ultimi hanno fornito gli attrezzi per allestire le palestre per i detenuti. Anche a Poggioreale, come a Secondigliano, si verifica il cosiddetto “sopravvitto”, ovvero prezzi più alti per i detenuti quando acquistano in carcere prodotti reperibili anche fuori ma a costi ridotti.
Per quanto riguarda i suicidi, sono due i detenuti che si sono tolti la vita quest’anno nel carcere di Poggioreale, l’ultimo poche settimane fa nel padiglione Salerno. Un detenuto, inoltre, è morto la notte scorsa all’ospedale Monaldi, dove era ricoverato da cinque giorni. La visita ha toccato i seguenti padiglioni: Avellino destro, Salerno destro, Salerno sinistro, Milano primo piano, Livorno e Napoli. Senz’altro più confortevole il padiglione Livorno, dove sono emerse poche criticità nonostante questo padiglione ospitasse il detenuto morto stanotte e un altro che si è tolto la vita a gennaio. Situazione tutto sommato accettabile anche nell’Avellino destro dove si trovano in isolamento 20 detenuti, sia per motivi trattamentali che disciplinari. Problema riscontrato in alcuni padiglioni, quello della assenza delle docce in cella: queste sono presenti nel Firenze, nell’Avellino sinistro, nel Napoli, nel Roma e in parte del Milano. Eppure nonostante il disagio di docce in comune, la situazione dei padiglioni Avellino Destro e Livorno è incomparabile con la disperazione che accompagna i detenuti negli altri bracci visitati.
Padiglioni come il Milano, il Napoli e il Salerno destro (un po’ meglio a sinistra, dove ci sono gli omosessuali) scontano non solo la fatiscenza di un edificio ottocentesto ma su chi vive al loro interno pesano condizioni igieniche oltre ogni immaginazione: muffe, infiltrazioni, pareti scrostate, servizi igienici con scarichi malfunzionanti, acqua calda solo per fare la doccia e stoviglie poste a pochi centimetri dalla zona bagno. Detenuti fino a sei o talvolta a nove in una piccola cella con letti a castello anche a tre piani, con fortissimi dubbi circa il rispetto della sentenza Torregiani. Problemi anche nelle sale doccia dove ci si imbatte in mancanza d’acqua calda e solo due docce funzionanti per un braccio intero, come nel padiglione Milano. O come nel Salerno dove i ristretti lamentano mancanza di carta igienica da tre mesi. Non mancano detenuti ammalati che aspettano chi da tre mesi, chi da più di un anno, un ricovero o un intervento. Tutto invano.
Una situazione decisamente diversa rispetto a quella trovata ieri a Secondigliano, una visita ispettiva in cui si è palesata agli occhi della delegazione tutta la inadeguatezza della struttura, vecchia e cadente, di Poggioreale. Eppure, secondo quanto osservato da un agente, ci sono 15 milioni di euro già stanziati per l’edilizia carceraria e le ristrutturazioni, rimasti fin qui bloccati dal Provveditorato delle opere pubbliche. Se anche solo uno di quei milioni fosse finito a ristrutturare Poggioreale, oggi anche grazie agli sforzi di chi dirige il carcere, ci si troverebbe a descrivere una situazione ben diversa.