Il declino della coppia tra crisi economica e di valori
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Assenza di valori, pretesa del tutto e subito, attenzione ai propri bisogni a discapito dell’altro. Si esprime così oggi la crisi della coppia, sulla quale influisce negativamente anche la congiuntura economica, che aumenta le tensioni nelle relazioni. Un quadro composito, analizzato nel corso del seminario dal titolo ‘La coppia: viaggio terapeutico dentro e fuori dal setting’, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Campania e svoltosi questa mattina presso il Grand Hotel Oriente a Napoli.
Mentre l’Italia celebra i 40 anni dal referendum sul divorzio, la crisi della coppia può essere spiegata innanzitutto con l’aspettativa di un soddisfacimento immediato dei propri bisogni, invece del tentativo di procrastinarli con l’obiettivo di raggiungere un benessere comune più profondo nel tempo.
“E’ un’epoca difficile – spiega Luigi Baldascini, direttore dell’Istituto di psicoterapia relazionale di Napoli – in cui i valori sono scemati. Molti si sposano ma sono emotivamente instabili, piccoli”. Le crisi fanno parte della vita di coppia, purché vengano affrontate. “Occorre che ciascuno cresca – sottolinea Baldascini – e che il partner non riporti sul compagno le cose che non sopporta di se’. Bisogna imparare a non reagire, ma ad agire e avere un’interazione; questo si apprende con l’esperienza oppure in terapia”.
A questo si aggiunge la crisi economica, che condiziona le scelte dei partner. Le cifre confermano questo trend, pur offrendo una duplice lettura del contesto. I dati del Tribunale ecclesiastico regionale, competente in primo grado per Napoli e Caserta e in appello per le altre province campane e per tutte le regioni del sud esclusa la Puglia, raccontano del boom delle richieste di annullamento del matrimonio tra gli anni ’90, quando erano in media 50 all’anno, e i primi del 2000, stabilizzandosi poi poco sopra i 200 casi, 221 nel 2013. Discorso analogo per quanto riguarda l’appello, con le 100 cause del 1990 che si quintuplicano fino al periodo pre-crisi, arrestandosi negli ultimi anni (518 nel 2013).
Anche le indagini dell’Istat segnalano l’aumento del tasso di separazioni e divorzi dal 1995 al 2011 rispetto ai matrimoni contratti, con un passaggio dal 7% a oltre il 20%. Rispetto al 1995 le separazioni sono cresciute di oltre il 68% e i divorzi sono raddoppiati. Gli incrementi più consistenti si sono osservati nel Mezzogiorno e in Campania, dove si passa da 70,1 a 221,5 separazioni ogni mille matrimoni.
La crisi economica ha però giocato un ruolo importante in questo ambito, tanto che nel 2012 in Italia sono state concesse 90 mila separazioni, cifra stabile rispetto alle precedenti rilevazioni. E dove la crisi morde di più, il fenomeno emerge maggiormente. A Napoli, infatti, le separazioni si fermano a quota 7.900 nel 2012, un numero minore rispetto al nord.
Cifre che possono essere lette come una tendenza alla riduzione della conflittualità tra i partner, ma anche come una maggiore difficoltà a rompere il legame a causa della conseguenze economiche. Il rapporto Istat intitolato ‘Ricompattazione’ segnala infatti la crescita in Italia nel biennio 2012-2013 delle famiglie con due o più nuclei fino a raggiungere 370 mila unità. Una ricompattazione, si legge nello studio, che “si va realizzando con il rientro dei figli nei nuclei genitoriali dopo separazioni, divorzi o emancipazioni non riuscite”.
La crisi interna alla coppia, così come quella economica, “può però rappresentare anche un’opportunità – sottolinea il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, Antonella Bozzaotra – Dalla crisi nascono eventi che creano cambiamento e danno nuove possibilità. Attraverso il conflitto e la rinegoziazione si può riflettere sul patto iniziale su cui è nata la coppia. Oggi notiamo che le crisi spaventano e, appena nasce un conflitto, si tende a chiudere la relazione, perché non c’è capacità di stare nella crisi e nel conflitto”. Un messaggio che va letto anche guardando all’economia, che “rappresenta una delle risorse più importanti e quindi può influire sulla coppia, ma non va intesa solo come quantità di denaro per soddisfare i bisogni, ma soprattutto come scambio e il nostro compito è quello di riflettere sulla crisi dei valori che sono alla base dello scambio”.
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