L’EDITOREEL: Il pandoro gate scoperchia la deontologia pubblicitaria

Dal momento che quella dell’influencer è diventata una professione, molto ben remunerata, che ha soppiantato qualsiasi altro tipo di ruolo dal giornalista al medico, credo sia importante una deontologia che metta un freno allo scempio a cui si sta assistendo.

Chiara Ferragni continua a perdere ingaggi, clienti e followers dopo la bufera scoppiata in seguito a quello che è ormai noto come “pandoro gate”. 

Lei continua a dichiararsi innocente e di aver agito in buona fede. E forse sarà anche vero, dal momento che il Cause Related Marketing è da sempre un potente strumento di comunicazione che consente alle aziende di guadagnare la simpatia del pubblico, aumentare le vendite e la fedeltà dei clienti, contribuendo allo stesso tempo ad una maggiore visibilità dei promotori delle iniziative benefiche che ricevono finanziamenti.

Ma il sistema non è facile come sembra, anzi è molto delicato e richiede indicazioni molto dettagliate sull’entità dei contributi che vengono devoluti.

L’avvio dell’indagine nei confronti di Balocco, che ha coinvolge anche Ferragni, ha messo infatti in  luce come non soltanto le aziende responsabili dell’iniziativa debbano rispettare la normativa in tema di pubblicità, ma anche su come vi siano ripercussioni quantomeno reputazionali sui testimonial.

Forse se Chiara Ferragni avesse conseguito la laurea in influencer, avrebbe potuto apprendere questi dettagli in uno dei corsi del piano di studi triennale. Dal momento che è diventata una professione,molto ben remunerata, che ha soppiantato qualsiasi altro tipo di ruolo dal giornalista al medico, credo sia importante una deontologia che metta un freno allo scempio a cui si sta assistendo.

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