I PREMI RICCI IN SCENA CON L’OPERA DI LEONCAVALLO
Grande successo al Teatro Unione di Viterbo per “Pagliacci”, il capolavoro di Ruggero Leoncavallo, messo in scena dai talenti del Premio Fausto Ricci. Tre repliche dopo il debutto a Bologna; la tournée prosegue il 25 novembre al Teatro Traiano di Civitavecchia.
In scena al Teatro Unione di Viterbo “Pagliacci”, l’opera capolavoro di Leoncavallo: due serate più una matinée per le scuole, dopo il debutto al Teatro Duse di Bologna, ed in attesa di proseguire la tournée al Teatro Traiano di Civitavecchia. Sul palco del prestigioso teatro viterbese, un gioiello dell’architettura della Tuscia inaugurato nel 1855 e con quasi 600 posti di capienza, si sono esibiti i vincitori del Concorso lirico internazionale Fausto Ricci, giunto all’undicesima edizione e promosso dall’Associazione XXI Secolo di Viterbo per onorare il nome e la storia del grande baritono viterbese. In aggiunta al cast, nel ruolo di Canio, il tenore genovese Alessandro Fantoni, che nel 2010 ha vinto proprio il concorso internazionale Ruggero Leoncavallo.
L’esecuzione musicale è stata affidata all’orchestra sinfonica EtruriÆnsemble, diretta dal M° Fabrizio Bastianini e con l’apporto dell’ensemble vocale Il Contrappunto. Ad alternarsi nelle varie repliche nel ruolo di Nedda, la protagonista femminile, sono state Arianna Cimolin (l’11 novembre) ed Isidora Moles (il 12 novembre); Ton Liu (Tonio), Alfonso Ciulla (Silvio) e Marco Puggioni (Beppe) hanno completato il cast dei protagonisti. La regia, moderna e vivace – la vicenda è trasposta negli anni ’50 – ma al contempo equilibrata e rispettosa dello spirito dell’opera, è di Giovanni Dispenza.
“Pagliacci” è un’opera coinvolgente, che mette in scena uno spettacolo nello spettacolo, giocando sul sottile confine tra realtà e finzione. Alternando commedia e tragedia, la vicenda è quella di una compagnia teatrale che si trova in un paesino per mettere in scena una commedia; ma il tutto avrà un esito tragico perché Canio (il capocomico) scoprirà l’infedeltà della moglie Nedda; la fanciulla pagherà con la vita, assieme al suo amante Silvio protetto fino all’ultimo, l’errore commesso. “La commedia è finita”, è l’asciutto verso di chiusura, una chiosa giusta e doverosa al dilemma di Canio/Pagliaccio, marito tradito nella farsa come nella realtà, splendidamente rappresentato nell’aria più nota dell’opera. “Ridi Pagliaccio, e ognun applaudirà! Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto; in una smorfia il singhiozzo e il dolore… Ridi Pagliaccio, sul tuo amore infranto! Ridi del duol che t’avvelena il cor!” dice Pagliaccio a se stesso: la commedia sta per andare in scena, il pubblico si attende divertimento e risate, e il capocomico, che ha appena scoperto l’infedeltà della moglie, deve interpretare nella finzione proprio il ruolo di un marito tradito. Ma si sa, “lo spettacolo deve continuare”: dunque Canio mette su la sua maschera di Pagliaccio, ed assolvendo al suo dovere di artista trasforma in riso il pianto che solca il suo viso. Ma non vi riesce fino in fondo: “No, Pagliaccio non son!”, sono le sue parole che accompagnano il tragico, fatale epilogo. La maschera viene gettata, l’uomo prevale sull’artista, e le vicende umane irrompono con ferocia e brutalità, squarciando il velo della finzione.
Un meritato successo di pubblico per una rappresentazione ben allestita e sorretta da performance canore ed attoriali di tutto rispetto. Bravissima Moles (sul palco in occasione della replica da cui è tratto questo servizio), con la sua impeccabile tecnica e visibilmente a suo agio in un personaggio che alterna tratti buffoneschi al registro drammatico; ma è nell’insieme che lo spettacolo ha convinto, incluso il mesto finale che, con un arguto richiamo alle abitudini della realtà contemporanea, viene immortalato dal pubblico in scena con gli ormai immancabili smartphone. Uno schermo (digitale) che cattura e riproduce una messa in scena allestita a sua volta all’interno di una messa in scena, in un gioco di rimandi e di rappresentazioni che ben s’innesta sul tema portante dell’opera.