VIVIAN MAIER PER LA PRIMA VOLTA IN VENETO
In mostra a Conegliano Veneto dal 23 marzo all’11 giugno, a Palazzo Sarcinelli, 93 autoritratti di Vivian Maier, la “tata-fotografa” statunitense scoperta nel 2007 e poi divenuta famosa in tutto il mondo.
Saranno esposte per la prima volta in Veneto le fotografie di Vivian Maier, grazie ad una mostra allestita a Palazzo Sarcinelli dedicata all’opera della famosa tata-fotografa che, attraverso la fotocamera Rolleiflex e poi con macchine Kodak e Leica, scattò una serie di immagini di scene di strada a New York e Chicago, dagli anni ’50 in poi. La selezione operata per questa esposizione si compone di 93 autoritratti, immagini in cui i continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista. Di qui il titolo, “Vivian Maier. Shadows and Mirrors”; la mostra è curata da Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso, organizzata da ARTIKA di Daniel Buso ed Elena Zannoni, in sinergia con diChroma Photography e la Città di Conegliano.
Era il 2007 quando John Maloof, figlio di un rigattiere, mentre cercava materiale per una ricerca sulla città di Chicago comprò in blocco ad un’asta il contenuto di un box di una signora in debito col fisco. Tra le mille cianfrusaglie saltò fuori una grossa scatola con dentro 20.000 negativi, film in super 8 e 16 mm, diverse registrazioni audio, alcune stampe fotografiche, centinaia di rullini e pellicole non sviluppate. Il resto è storia: Maloof sviluppò alcune foto e le pubblicò su Flickr, in breve le immagini divennero virali e ciò lo spinse ad indagare, scoprendo così l’autrice – appunto Vivian Maier, una bambinaia di origini europee (padre austriaco e madre francese) nata nel 1926 e che visse e lavorò a New York ed a Chicago.
La Maier, che sarebbe poi scomparsa nel 2009, aveva una forte passione per la fotografia, con la quale riempiva i suoi giorni liberi e le sue vacanze; e fu così che, dopo una vita trascorsa nel più completo anonimato, divenne improvvisamente conosciuta in tutto il mondo ed oggetto di mostre, libri e documentari. Gran parte dei suoi scatti sono ascrivibili al genere della fotografia di strada, ma questa esposizione è dedicata agli autoritratti: la fotografa scattava spesso dinanzi a specchi o vetrine, finendo così per il ritrovarsi ad essere il soggetto delle sue immagini.
La sua è una visione semplice ma non banale della vita di strada di quei decenni, tra passanti e negozianti, persone ricche o modeste, immagini buffe o malinconiche; una testimonianza visiva che il caso ha voluto riportare alla luce e che consente al pubblico contemporaneo di apprezzare l’opera di una fotografa che ha voluto lasciare dietro di sé un diario visivo che si snoda lungo l’arco di decenni; un diario che, come spesso accade, dice molto su cosa è stato fotografato, ma ancor più su chi ha scattato.