L’ultimo libro di Rocco Boccadamo: L’asilo di donna Emma


“Non possiedo galloni di penna da richiamo, né, tanto meno, di fonte di cultura e di opinione. Sono soltanto un comune narrastorie… e così osservo, rifletto su ciò che accade: chiaramente, snocciolo un rosario senza fine di vicende, minuscole ed enormi….”: questo scrive Rocco Boccadamo, in Spagine della domenica n. 60 (Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri di Lecce), parlando naturalmente di sé e m’ha fatto pensare, naturalmente, che se la Madonna di Marittima legge questa spagina – anche la Madonna, io penso, s’interessa ai fatti nostri – lei, la Madonna, rifletterà su questa storia e non sarà molto d’accordo con Rocco; infatti, prima di lui, nessun narrastorie con galloni di penna da richiamo l’ha mai notata e quindi descritta su trainella, mentre, davanti a puteca, gustava profumo di vino; chè là sostava, attendendo mesciu Miliu; lui sì chè s’era bagnate le labbra, parcheggiando Madonna su trainella. Bastano i particolari, a volte, per guadagnarsi tanto di galloni al merito, perché non ci si stanchi mai di snocciolare quest’altro “rosario senza fine di vicende, minuscole ed enormi” che Rocco Boccadamo ci regala e che oggi ha per titolo “L’asilo di donna Emma”. “Asilo”: chissà se deriva da auxilium, questo sostantivo; l’ho continuato a pensare mentre, pagina dopo pagina, incontravo le storie, i personaggi, i profumi di terra mia e non solo, le sfumature dei monti d’Albania, il sorriso di boccioli senza tempo, Abano e l’abbraccio dei fanghi mescolato all’abbraccio dei ricordi; asilo – auxilium della memoria; la scrittura in aiuto alla memoria, perché non svaniscano stati d’animo, sensazioni, emozioni, il passo di un nipote alla scoperta di mondi nuovi, mano nella mano del nonno osservatore e narratore; in aiuto alla memoria si snocciola il rosario di Rocco, che non annoia mai perché non è come un ripetere continuo di ave, padre e gloria, ma è un rinnovarsi di volti, luoghi, tradizioni e voci e sinfonie, quelle che per un istante gli sono appartenute e che Rocco decide di regalare agli altri perché diventino patrimonio di comunità e non se ne perda il profumo.
Ecco perché, io penso, la Madonna della trainella di mesciu Miliu, di tanto in tanto se la va a rileggere la sua storia a pagina 79 di “L’asilo di donna Emma”; ha voglia anche lei che tutto sa e tutto può, di staccare un attimo gli occhi dal male del mondo; di sorridere un attimo e di pensare ad “una notte leggera” prima che ritorni il rito d’una processione, d’un canto, d’una preghiera; rosario di nostalgie e di pensieri ed è ancora una volta scrittura di Rocco che se li guadagna sul campo i suoi galloni, in questo suo andare con la mente, con l’anima e col cuore, lungo le strade dell’esistenza che non stanca mai se si riesce a guardarla nella minuzia, appunto, di un particolare per scoprire quella smagliatura nella rete dei misteri che lei ci offre; così varia l’esistenza da meritare d’essere raccontata; in questo momento mi perdo nella nuvola di fumo del mezzo sigaro toscano che Stinu ‘u Pativitu “gustava, fumava e consumava col contagocce”; ritorno a leggere la storia per risentirne profumo; mi sarebbe piaciuto regalare a Stinu, giorno dopo giorno, la sua porzione di quel cibo che non ha mai potuto gustare, perché non glielo permettevano i suoi spiccioli….
Un’altra pagina, fra le tante, da leggere e meditare e snocciolare come grane di un rosario diverso, il rosario della vita (Giuliana Coppola – Lecce).

 

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