La difesa aerea siriana tra realtà e propaganda
Lo scorso 10 febbraio un cacciabombardiere F-16I SUFA dell’Aeronautica israeliana di ritorno da una missione di rappresaglia sull’aeroporto siriano di T4 (Tiyas) è stato colpito dalle schegge della testata di un missile SA-5 GAMMON della Difesa Aerea siriana e, a causa dei danni sostenuti, è precipitato nel nord di Israele.
L’evento ha avuto una vastissima eco sui media internazionali, non solo per le possibili ripercussioni politiche sui già fragilissimi equilibri regionali, ma anche per l’elevato valore simbolico determinato dal primo abbattimento confermato di un velivolo di Heyl Ha’Avir da parte siriana dai tempi della Guerra in Libano del 1982.
Immediatamente, gli ambienti militari di Damasco e Tel Aviv si sono “messi al lavoro” sostenendo, ovviamente, tesi diametralmente opposte circa il significato strategico da dare all’accaduto. Sul fronte siriano si è cercato di avvalorare la tesi di un cambio degli
equilibri permanente che ha essenzialmente messo fine alla sostanziale impunità che, negli ultimi tre decenni, ha visto l’Aeronautica israeliana fare il bello e il cattivo tempo nei cieli siriani. D’altra parte, a Tel Aviv si è, invece, tentato di sostenere la versione del “colpo fortunato” da parte siriana aiutato anche da una possibile negligenza dei piloti israeliani che si sarebbero tenuti ad una quota troppo alta per un eccesso di confidenza.
Al di là delle rispettive ricostruzioni di parte, resta il fatto che sette anni di guerra civile siriana hanno fortemente inciso sulle reali capacità operative della Difesa Aerea di Damasco modificandone sostanzialmente struttura, capacità operative, assetto di combattimento e fini strategici.