Carlo Cerciello porta in scena la poesia teatrale di Moscato

“Chi so’? Stong ‘arinto? Stong ‘afora? Nun moro, no… ma neppure campo comm’apprimme: ‘a vista, ‘e mmane, ‘e rrecchie… tutte cose se n’è ghiute… e pure ‘a voce… ancora ‘nu poco… e poi… sommergerà, affonderà pur’essa”. Con queste parole, proprio Enzo Moscato sintetizza le intenzioni e il significato profondo del suo testo Scannasurice, che il regista Carlo Cerciello porterà in scena, da giovedì 22 gennaio 2015 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 22 febbraio), in prima nazionale al Teatro Elicantropo di Napoli.

Protagonista assoluta dello straordinario testo del drammaturgo partenopeo, “reclusa” nella scena creata da Roberto Crea, sarà l’attrice Imma Villa, avvolta dal suono di Hubert Westkemper e le musiche originali di Paolo Coletta. Presentato da Teatro Elicantropo Anonima Romanzi in collaborazione con Prospet, l’allestimento si avvale dei costumi di Daniela Ciancio e il disegno luci di Cesare Accetta.

Scannasurice è una sorta di discesa agli “inferi”, post terremoto, di un personaggio dall’identità androgina nell’ipogeo napoletano, dove abita, all’interno di una stamberga, tra gli elementi più arcani della napoletanità, in compagnia dei topi, metafora dei napoletani stessi e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee, dalla Bella ‘mbriana al Munaciello, tra spazzatura e oggetti simbolo della sua condizione, alla ricerca di un’identità smarrita dentro le macerie della storia e della sua quotidianità terremotata.

“Ho scelto – così Carlo Cerciello in una nota – di tornare alla messinscena di un testo in lingua napoletana, di tornare a un autore antioleografico per eccellenza come Moscato, mettendo in scena il suo testo Scannasurice, scritto dopo il terremoto dell’80, nell’intento di allontanarmi dalla malsana oleografia di ritorno, che, nuovamente, appesta Napoli di retorica e luoghi comuni, in una città che ha smarrito la memoria stessa della sua vita culturale, seppellita dalla banalità e dal conformismo”.

Il personaggio fa la vita, “batte”. E’, originariamente, un “femminiello” dei Quartieri Spagnoli di Napoli, ma i femminielli di Enzo Moscato sono creature senza identità, quasi mitologiche. Oltre l’identità sessuale, sono quasi magiche. Da qui nasce la scelta di farlo interpretare a un’attrice, naturalmente, oltre l’identità sessuale, rendendone evidenti l’ambiguità e l’eccesso. Una volta smontata la sua appariscente identità, indosserà la solitudine e la fatiscenza stessa del tugurio in cui vive. Sarà cieca Cassandra, angelo scacciato dal Paradiso, sarà maga, sarà icona grottesca e disperata, ma sempre poetica.

“Il terremoto etico, sociale, politico della seconda metà del 900 – aggiunge Cerciello – mi vede, oggi, sopravvissuto, confuso e smarrito, aggirarmi tra le macerie di ideologie, emozioni e sentimenti, proprio come, da napoletano, vissi il terremoto dell’80”.

 

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