“The fall of journalism”, il giornalismo e il suo futuro

Nella meravigliosa cornice della sala Rari della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, all’interno del Palazzo Reale di Napoli, si è tenuto il convegno “The Fall of Journalism: quale futuro per l’informazione”.

Ad aprire i lavori la dottoressa Iannotti, Presidente della Biblioteca con interventi di Anna Masera giornalista caporedattrice de “La Stampa” e garante dei lettori, Carlo Bartoli presidente dell’Ordine giornalisti della Toscana,  Raffaele Savonardo docente di comunicazione presso l’Università Federico II di Napoli, Gerardo Ausiello capocronista del Mattino e Antonio Rossano Presidente dell’associazione Media Studies che ha  organizzato l’evento.
Ci si interroga sul futuro del giornalismo, digitale e non, dove sta andando, preso atto del declino della carta stampata, e della disaffezione alla lettura, i numeri sono impietosi , le cifre mostrano come il 28 % sia analbetico , il 70% ormai non legga più , si è registrata la diminuzione delle vendite dei quotidiani in formato cartaceo  di quasi 1 milione di unità, che si aggiunge ai 2,4 milioni del 2016 (–44%) e paradossalmente, anche la vendita di quelle digitali è diminuita notevolmente, passando da 217mila a poco più di 156mila (-28%).
Obiettivo di quest’incontro è discutere dello scenario attuale e dei possibili nuovi percorsi per “salvare” la lettura, l’informazione ed il giornalismo che sono colonne portanti delle democrazie.
Si apre anche un ulteriore capitolo se l’abbonamento ai lettori sia una strada percorribile, il lettore si ferma al titolo, anche perché spesso non ha accesso al giornale e con gli esperti al tavolo ci si chiede quale strada sia percorribile.
Anna Masera in remoto , capo redattore de “La Stampa” di Torino, l’unica garante dei lettori , ci illustra dalla sua posizione privilegiata, come stia diventando il digitale una strada percorribile, ma va affrontato cercando di non far scappare i talenti con stipendi da fame, facendo investimenti cercando strade nuove, il digitale ha delle risorse immense, vanno solo percorse, innumerevoli contraddizioni , quale ad esempio il rapporto tra il titolo e l’articolo, ci si ferma al titolo anche perché qualche volta non si sostiene il giornale con l’abbonamento, che in epoca digitale dovrebbe sostituire il prezzo del cartaceo, ma la sovraesposizione mediatica, tende alla confusione perché non si fa più fact-checking.
La perdita di fiducia è dovuta a mancanza di dialogo col lettore, il giornale dovrebbe fare giornalismo di servizio, creare fidelizzazione, ma come puoi aspirare al talento se il giornalista costa meno di una colf, un pezzo di un precario costa 5e?.
Il capitolo errata corrige, che stai cambiando ed evolvendosi, garantisce i lettori x la pagina a contatto col cittadino, col pubblico e va mantenuta anche se andrebbe posizionata meglio , bisogna imparare a correggere in maniera trasparente.
Il discorso titolo contenuto  va affrontato deve essere rispondente, altrimenti si rischia di cadere nella fake news.
Il giornalismo costruttivo, propositivo, positivo è un punto di vista che andrebbe potenziato, psicologicamente va aumentato perché dobbiamo pensare che la gente è scoraggiata, avvilita, specie dopo gli ultimi due anni che hanno cambiato le nostre abitudini, se sente solo notizie negative, cambia canale.
Rossano modera e aiuta la platea con la statistica, manca un giornalismo libero, fonte digitale “news report” il rapporto col lettore si crea con indipendenza del giornale, il “NYT”, per fare un esempio crea un rapporto di fiducia tra lettore e giornale.
Secondo Gerardo Ausiello come caporedattore del giornale più letto al sud, i quotidiani stanno morendo sono diventati una piccola parte dell’informazione, quindi c’è da ricostruire c’è da fissare delle regole importanti e trovare un nuovo equilibrio chiediamo agli editori di accettare la sfida degli investimenti perché solo cosi il giornalista talentoso si sente soddisfatto ed appagato e non scappa.
La morte del giornalismo è dovuta un po’ anche a questa sovraesposizione mediatica attraverso cui con un cellulare tutti possono diventare videomaker e dare notizie,  la cosa che dovrebbe farci riflettere è che non tutti lo fanno rispettando le regole, specie quelle sulla deontologia professionale anche perché spesso non appartengono all’ordine, sono normali cittadini che bucano la notizia.
Secondo Bartoli che ci fa uscire dai confini regionali, è un momento di grande crisi che dura già da un pò ma quello che mi sconvolge è che avviene davanti all’indifferenza delle istituzioni che assistono alla morte della libera informazione senza intervenire quasi fosse un tema fastidioso che va cancellato, insomma si girano dall’altra parte senza affrontare e risolvere il problema .
Il professore Savonardo docente di comunicazione siamo tutti prosumer, tutti possiamo trasmettere informazioni, non giornalistiche perché dovremmo avere un background deontologico, ma dobbiamo ripensare all’eccesso di informazione che sta uccidendo la categoria.
Il discorso titolo e contenuto  va affrontato, deve cambiare deve essere rispondente, altrimenti si rischia di cadere nelle fake news.
L’argomento libera informazione è un tema spinoso che richiederebbe un convegno a parte, non esistono più editori puri, c’e una commistione con la politica, che stravolge le regole del gioco.
I giornali non sono più uno strumento dominante ora sono diventati una parte soltanto dell’informazione perché le notizie viaggiano sui social network, c’è un deregulation generale, le fake news che minano la credibilità della categoria quindi c’è da ricostruire, c’è da fissare delle regole importanti e trovare un nuovo equilibrio, i giornalisti chiedono agli editori di accettare la sfida  di investire in nuove tecnologie e contratti più soddisfacenti.

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