Piccoli crimini coniugali a Il Primo di Napoli

La recensione di Barbara Esposito Bonaccorsi

Fino al 18 Novembre il Teatro “Il Primo” porta in scena “Piccoli crimini Coniugali”, un testo di Eric-Emmanuel Schmitt, con la Regia di Peppe Carosella.
Dopo un incidente domestico che gli ha causato la perdita della memoria, un uomo torna a casa con la moglie: ragiona come prima ma non ricorda nulla della relazione con la donna che gli è stata accanto. E le chiede aiuto per ricostruire una parte così importante della sua vita.
Tassello dopo tassello i ricordi iniziano ad emergere, a volte con sincerità a volte con un secondo fine: quello di celare l’orrore delle routine che, spesso, attanaglia le coppie.
Una commedia con i risvolti del triller, che mette in luce la complessità dei rapporti umani e del rapporto umano per eccellenza: quello sentimentale.
La memoria (e la sua supposta mancanza), la menzogna e la violenza vengono completamente riviste per assumere dei significati nuovi, inaspettatamente vivificanti. Schmitt gestisce la scrittura con grazia e freschezza, giocando briosamente tanto col metateatro quanto con oggetti ostici quali “la verità”, “la colpa” e, soprattutto, “l’amore”. Una macchina narrativa pressoché perfetta che svela impietosamente i meccanismi della coppia e i più intimi recessi dell’animo umano. “Piccoli crimini coniugali” è un piccolo gioiello che dettaglia il necessario inabissamento all’inferno di Lei e Lui nel tentativo di riemergere alla serenità come coppia.
Bravissimi i due interpreti Margherita Di Sarno e Peppe Carosella, quest’ultimo nella doppia veste di attore e regista. Una regia asciutta, che enfatizza gli stati d’animo e le mille sfumature emotive che attraversano i 2 protagonisti delle piece, tenendo incollati gli spettatori alla sedia, mentre si assiste al declino e all’ascesa di un rapporto.
Un testo che riesce a far riflettere tutti, queste infatti le parole dell’autore dopo le prime rappresentazioni: «Piccoli Crimini Coniugali ha avuto un’adesione violenta da parte del pubblico.
All’uscita del teatro le coppie reagivano diversamente a seconda dell’età.
I ventenni mi dicevano: “Sei crudele”;
i quarantenni: “Che realismo”;
i sessantenni : “Che tenerezza”.
Avevano tutti ragione:
a 20 anni si vorrebbe che l’amore fosse semplice,
a 40 anni si scopre che è complicato,
a 60 sappiamo che è bello proprio perché è complicato».

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