L’Inferno di Dante nel Paradiso di Sorrento

Sarà la Villa Comunale di Sorrento ad ospitare il primo grande evento italiano dedicato al 750esimo anniversario della nascita di Dante Alighieri. Diciotto pannelli marmorei ad alto rilievo, realizzati dal maestro Benedetto Robazza, resteranno esposti in uno degli angoli più suggestivi della città a partire dal 25 aprile e fino al 31 agosto con un’inaugurazione dell’evento già fissata per le ore 18.30 di venerdì 24 aprile 2015. La Fondazione Sorrento, in collaborazione con il Comune, ha voluto questo nuovo straordinario appuntamento con l’arte: i pannelli, ognuno 2×2,50 metri, saranno posizionati per offrire agli ospiti della città la straordinaria interpretazione di scene dell’inferno dantesco di fronte alla paradisiaca visione del Golfo di Napoli che si ammira da quell’impareggiabile palcoscenico che è la Villa Comunale di Sorrento. Una scelta precisa quella di utilizzare un luogo pubblico: la Fondazione Sorrento, infatti, è impegnata da anni, ormai, a fare della città una grande galleria dedicata all’arte d’autore. Le istallazioni del maestro Arnaldo Pomodoro nelle maggiori piazze sono la conferma, dopo Dalì e Picasso, della felice intuizione della Fondazione Sorrento che con il suo consiglio di amministrazione compatto vuole, unite, le tradizionali attrazioni della città con la grande arte fruibile a tutti. Sole, mare e cultura, dunque, sempre più a braccetto per dare agli ospiti l’opportunità di godere di un’accoglienza straordinaria, in un ambiente unico, e la possibilità di ammirare opere d’arte anche solo passeggiando per le strade cittadine.

E da questo punto di vista aver scelto le opere di Benedetto Robazza segnala anche un’attenzione particolare verso eventi che hanno segnato, segnano e segneranno, la storia culturale del nostro Paese. Quale migliore occasione di ricordare l’anniversario della nascita di Dante Alighieri mostrando agli ospiti stranieri le raffigurazioni eseguite dall’artista delle più incisive scene della sua straordinaria opera letteraria. Non è certamente un caso il fatto che i pannelli marmorei di Benedetto Robazza hanno già riscosso un grande successo in diverse città cinesi, a Firenze e a Roma.

La potenza espressiva del maestro Robazza ha già segnato il globo con innumerevoli opere posizionate in spazi pubblici di grande richiamo: dal monumento a Giuseppe Garibaldi posizionato nella 18th avenue di New York, a quello di Rodolfo Valentino a Los Angeles; dal busto di Ronald Reagan nella Casa Bianca di Washington, al monumento in ricordo del genocidio cambogiano esposto al palazzo di Vetro dell’Onu; dal monumento ai caduti d’oltre mare del sacrario di Bari al busto del generale Della Chiesa esposto alla prefettura di Palermo. E tante, tantissime altre opere esposte in tutto il mondo.

Molto significative anche le didascalie che accompagnano i singoli pannelli dedicati all’Inferno di Dante. Vi proponiamo quella dell’ultimo Canto, quasi un appuntamento alle prossime puntate.

CANTO XXXII E XXXIII

“… Guarda come passi;

va si che tu non calchi con le piante le teste dei fratei miseri e lassi.

Per ch’io mi volsi e vidimi davante E sotto i piedi un lago che per gelo Avea di vetro e non d’acqua sembiante.”

Siamo davanti al Cocito, il lago gelato in cui sono immersi i traditori: in una zona i traditori dei parenti, in un’altra i traditori della patria. Ed ecco con pochi segni, quasi per accenni, potremmo dire, viene felicemente resa questa agghiacciante immagine, dalla quale, in primo piano (e siamo così nel trentatreesimo canto) emerge l’intrico di due corpi confitti nella stessa buca; davanti l’arcivescovo Ruggeri e dietro, sopra di lui, il conte Ugolino che gli rode il cranio. Qui Robazza ha portato alla massima esasperazione veristica questa orrenda scena, con una minuziosa descrizione anatomica.

A destra del pannello, ad equilibrare la composizione, vi è dominante Lucifero con grandi ali il cui movimento tiene ghiacciato il lago nel quale sono profondamente infissi i traditori dei benefattori. La testa ha tre facce le cui tre bocche maciullano Bruto, Cassio e Giuda, cioè i grandi traditori di Cesare e di Gesù, ovvero dall’impero e della Chiesa.

A conclusione del viaggio, tornano qui di scena Dante e Virgilio che si accingono attraverso la burella, a lasciare l’Inferno (e simbolicamente lo scultore ripropone la stessa porta arborea dell’ingresso) per uscire “a riveder le stelle”.

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