Il gatto, giallo crudele di Simenon

Un altro bel lavoro presentato dal Napoli Teatro Festival Italia al Teatro Nuovo: “Il gatto”, tratto dal romanzo di Georges Simenon, per l’adattamento di Fabio Bussotti e la regia di Roberto Valerio; produzione della Compagnia Umberto Orsini.

Qualcuno ricorderà il film “Le chat” con Jean Gabin e Simone Signoret, anch’esso amaro, crudele. Scritto dall’autore nel ’66, è incentrato sulla vita di due anziani coniugi, diversi come il giorno e la notte, uniti dalla solitudine, incattiviti, legati solo dalla stessa sottile vitale perfidia. Émile e Marguerite, ultrasettantenni, rimpiangono i precedenti matrimoni: lei, di origini piccolo borghesi, con il nonno fondatore di un importante biscottificio di Parigi, ripensa al primo marito, violinista.

Lui, capomastro in pensione, amante delle belle donne, del vino e dei sigari, già marito infedele, è uomo concreto, rozzo. Anche lui rimpiange la prima moglie morta prematuramente. Pian piano la loro relazione si cementa col silenzio, il rancore, l’incomprensione che si trasforma in dispetti estremi. La scena apre su Émile che urla “puttana!” e si dispera per la morte di Joseph, l’adorato gatto, un randagio suo vero compagno di vita, certamente avvelenato da Marguerite. Per vendetta l’uomo uccide l’amato pappagallo della moglie che continua a tenerlo in gabbia, a parlargli, alimentando nevrosi, alimentando l’odio che ormai è il cemento della relazione malata ma solidissima.

Bella prova d’attori per Alvia Reale ed Elia Schilton, buona la regia che non fa mai calare l’attenzione, sottolineando il realismo e la compattezza della grande scrittura di Simenon. L’inventore di Jules Maigret, autore prolifico di romanzi e racconti, ha sempre dipinto con acume la psicologia dei personaggi, narrando spesso storie crudeli, come “L’uomo che guardava passare i treni”, come “Le chat”, nel riuscito adattamento teatrale.
Maresa Galli

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