Fertilità, stili di vita e inquinamento danneggiano il Dna di ovuli e spermatozoi

La cattiva alimentazione, il fumo, l’abuso di alcool e droghe, l’inquinamento ambientale, lo stress continuo: sono tutte condizioni in grado di inficiare la fertilità dell’uomo e della donna agendo su particolari proteine regolatorie del Dna dei gameti (ovocellule e spermatozoi) con modificazioni che, nel caso si instauri una gravidanza, possono anche essere ereditate esprimendosi in varie forme come una debolezza della stabilità del genoma e una maggiore propensione a malattie degenerative. 

E’ questa una delle evidenze sperimentali emerse a conclusione, stamani, del convegno internazionale sulla fertilità e la Procreazione medicalmente assistita che si è svolto a San Leucio in cui sono intervenuti i massimi esperti e scienziati al mondo di questa disciplina, “Le modificazioni epigenetiche causate dall’ambiente e dalle cattive abitudini e stili di vita degli individui – spiega Raffaele Ferraro, ginecologo e ricercatore presso Genesis Day Surgery Iatropolis di Caserta, direttore scientifico del convegno insieme a Riccardo Talevi, responsabile del Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli – un tempo solo ipotizzate e oggi dimostrate con approfonditi e minuziosi studi di biologia molecolare, da un punto di vista dell’evoluzione della specie hanno il significato di ridurre le nascite quando l’ambiente è sfavorevole infatti al tornare di condizoini di benessere dell’individuo tutte le modifiche epigenetiche si riducono fino ad annullarsi riportando la fertilità e la vitalità della progenie alle condizioni basali. Da questi e dagli studi legati alla crionservazione dell’intera corticale ovarica per preservare la fertilità in donne che si ammalano di cancro e dalle tecnologie di conservazione e ora anche di coltivazione in vitro dei gameti (maschile e femminile) derivano nuove frontiere nel miglioramento della fertilità dell’uomo e della donna”.

Proprio nell’assise di Caserta Ferraro ha annunciato che da settembre replicherà il progetto, gratuito per chi volesse aderire, di conservazione dei gameti in età fertile per preservare le opportunità future quando la scelta di un figlio può diventare impellente e ricercata a tutti i costi.

“Preservare la fertilità sin da giovani – conclude Ferraro – è una scelta cui dedicarsi con la stessa attenzione dedicata agli anticoncezionali, per consentire alle coppie che da adulte lo scelgano, di poter avere un figlio. Occorre ricordare, infatti, che, dopo i 35 anni diventa sempre più difficile per la donna avere un bambino per fecondazione fisiologica a causa del progressivo invecchiamento delle ovocellule in cui aumentano le anomalie cromosomiche e dunque diminuisce la capacità di dare luogo a un embrione”.   A conclusione del convegno sono intervenuti Gianpiero Palermo, responsabile del centro di medicina riproduttiva della Cornell University di New York, inventore della tecnica Icsi che 25 anni fa ha letteralmente rivoluzionato la procreazione medicalmente assistita. Con lui anche Yves Menezo, altro pioniere nelle colture embrionali noto in tutta Europa, lo specialista indiano Satish Adiga, Richard Anderson di Edinburgo, lo svizzero Jean Marie Wenger e gli italiani Gerardo Catapano,  Gianni Baldini e Csilla Krausz dell’Università di Firenze, Maria Giulia Minasi da Roma, Liborio Stuppia da Chieti oltre a molti esperti universitari campani.

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