Esclusiva italiana: Al Belvedere di Villa Rufolo i 12 Violoncellisti dei Berliner Philharmoniker

Il Ravello Festival propone al pubblico sabato 4 luglio (ore 20), un appuntamento unico ed esclusivo che vede protagonisti i leggendari Violoncellisti dei Berliner Philharmoniker. Nel mondo musicale così come in tutti gli ambiti esistono le “istituzioni”. Ensemble, orchestre che diventano per storia, prestigio, qualità, dei veri e propri punti di riferimento del panorama mondiale. Una delle più autorevoli (se non la più autorevole) istituzioni musicali è senza dubbio l’Orchestra Filarmonica di Berlino. Come tutte le orchestre anche l’orchestra tedesca ha una sezione di violoncelli ma solo quella dei Berliner Philharmoniker rappresenta un ensemble indipendente e compatto: un’orchestra nell’orchestra che calcherà, per la prima volta nella sua storia, il Belvedere di Villa Rufolo. A partire dal loro debutto nel 1972, con il brano Hymnus di Klengel, i 12 hanno saputo conquistare il pubblico di tutto il mondo grazie ad un suono straordinario e sempre riconoscibile, raccogliendo successi in serie e diventando quello che sono. L’attesissimo concerto di Ravello si aprirà con un pezzo che è diventato, nel tempo, quasi un biglietto da visita del formidabile ensemble. Il compositore francese Jean Francaix, infatti, fu tra i primi ad essere stimolato dal prestigio e dalla classe dei 12 quando, nel 1974, scrisse “Aubade”, brano carico di suggestione, dedicato espressamente al complesso. Buona parte della selezione di lavori proposta nel concerto-evento della Città delle Musica si muove sotto l’incantevole cielo di Francia. A passo di danza procede Fauré, con due brani trascritti da David Riniker, uno dei fondatori dell’ensemble: la Berceuse, tratta da una suite per pianoforte a quattro mani (“Dolly Suite”) e la suadente Sicilienne che rimanda alle atmosfere orchestrali del “Pelléas et Mélisande”. Siamo, in entrambi i casi, nell’ultimo decennio del secolo XIX. Un omaggio a Bach reso con spirito sudamericano da un autore che visse a Parigi: tutto questo dona vivacità alle nove “Bachianas Brasileiras”, la prima delle quali fu composta proprio per un’orchestra di violoncelli (1930). La mano di Riniker, ancora, trasforma a uso e consumo del proprio ensemble l’incanto di brani immaginati per organici diversi. È il caso di “Lasst mich allein” (Lasciami solo), uno dei quattro Lieder dell’op.82, pubblicata nel 1888. O, ancora, della celebre Romanza di Nadir, punto culminante dell’opera “Les Pêcheurs de Perles”, esempio di esotismo menocaliente ma non meno interessante di quello esibito in “Carmen“. Il Valzer di Shostakovich, bellissimo, deriva dalla Jazz Suite n.2, del 1938; in molti l’hanno (ri)scoperto come colonna sonora del film “Eyes Wide Shut”, testamento spirituale di Kubrick. Si chiude a ritmo di tango, in un rito che celebra il pensiero triste che si balla attraverso la musica di Astor Piazzolla e di un paio di altri autori, meno noti in Italia: Horacio Salgan e infine José Carli, il più giovane del lotto con i suoi ottantuno anni di età.

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