Arancia Meccanica, romanzo di una generazione al Bellini di Napoli

La recensione di Barbara Esposito Bonaccorsi

Ci sono romanzi che riescono a imprigionare l’essenza di una generazione, fotografandola meglio di una reflex: questo è Arancia Meccanica. Lo spettacolo, tuttavia, è tratto dal vero e proprio testo teatrale che, a partire dal suo romanzo, Burgess scrisse nel ’90 per la Royal Shakespeare Company.

La messa in scena è fortemente connotata dal linguaggio dei drughi in un’alternanza  fra canzoni  e versi scritti dallo stesso Burgess. Il Regista, Gabriele Russo, ha quindi trovato naturale pensare ad un musicista fuori dagli schemi come Morgan cui affidare la colonna sonora dello spettacolo.

Una scenografia dirompente, che segna il passaggio netto di ogni scena e di ogni cambio emozionale del protagonista Alex, interpretato da Daniele Russo.

Visioni, musiche e ritmo in accordo a ciò che sente e prova il protagonista.

E così si segue lo svolgersi della vicenda di Alex, giovane teppistello privo di empatia che, in seguito all’arresto, viene curato con il metodo sperimentale “Ludovico”. Al termine della cura Alex sarà incapace di compiere il minimo gesto di violenza senza provare un indicibile dolore fisico.

Ed è questo il dilemma che accompagnerà lo spettatore fino alla fine: dove va a finire il valore della libera scelta tra il compiere o meno la violenza?

In scena al Teatro Bellini fino al 30 Novembre.

Da segnalare, oltre a Daniele Russo (Alex), Marco Mario De Notaris (Alexander, l’anziana signora, il cappellano) e Martina Galletta (la moglie di Alexander, Adolf, Joe).

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